domenica 21 settembre 2014

Equinozio d'autunno - Maponos - Mabon

Maponos, Mabon ap Modron per i gallesi, Apollo per i romani, Angus per gli irlandese, diversi nomi, un solo volto per “il figlio divino della madre divina”.


Dio celtico di Brittania che venne rapito a soli tre giorni alla madre, Modron (la Dea Matrona), e portato nel Regno dei Morti, dove visse la sua infanzia come prigioniero, a seguito di ciò, come fa notare il professore gallese William John Gruffydd, il mondo si spopolò, e la madre partì alla sua ricerca.
Fu poi salvato da un cavaliere, talvolta identificato con Artù. 

Il cavaliere Culhwch a cui viene affidato il compito
di liberare il prigioniero Mabon dal gigante

Ysbadadden nella leggenda gallese di Culhwch ac Olwen.
Altre volte con l’eroe Culhwch, giovane gallese innamorato della figlia del gigante Yspaddaden e da questi sottoposto a bizzarre prove. Narra il mito che tra le difficili sfide che dovette sostenere c’era anche anche quella di chiedere aiuto a «Mabon figlio di Modron, che fu rapito da sua madre quando aveva tre notti. Nessuno sa dove si trovi, e se sia vivo o morto» per dare la caccia al magico cinghiale Twrch Trwyth, che poteva essere catturato solo dal cane Drudwyn, a sua volta domato solo da Maponos stesso. così Culhwch partì con i suoi cugini alla disperata ricerca del dio perduto. 







Sono diverse le caratteristiche che descrivono il dio Maponos, la prima fra tutte è la giovinezza, qualità che ha ottenuto durante la sua permanenza negli inferi. Questo suo aspetto, il rapimento, il viaggio nel regno dei morti, la ricerca da parte della madre lo assimilano alla figura greca della dea Persefone, figlia di Zeus e Demetra, da cui dipendeva il rigoglio dei raccolti.
Il cui mito vede il suo rapimento in giovane età da parte del re degli Inferi, Ade, che la voleva in sposa. La madre partì alla sua disperata ricerca (come fece Modron), ma solo l’intervento di Zeus, che mandò Ermes da Ade per reclamare la ragazza, riuscì a liberare la ragazza, seppur parzialmente. Già perché Persefone, mangiò dei semi di melograno nel regno degli Inferi e questo la condannò al ritorno in quella terra nelle vesti della sua regina. Il padre degli dei riuscì a mediare con un accordo che accontentasse entrambe le parti: Persefone avrebbe passato metà dell’anno con la madre e l’altra metà con Ade, il marito. 
L’allegoria rappresentava per l’antica Grecia il passare delle stagioni, quando Demetra era sola (inverno) tralasciava la cura della terra che poi tornava a fiorire quando si ricongiungeva con la figlia. 

Altro aspetto legato a Maponos è l’abilità nell’arte della musica e della poesia, per questo spesso è raffigurato o assimilato ad un’arpa. 
Anche la caccia viene associata al dio celtico. 
Tutti elementi in comune ad un’altra divinità greca: Apollo, precisamente l’Apollo Maponus venerato dalla legioni romane in Brittania 

Se della madre si conoscono diverse caratteristiche collegate alla Dea Madre, del padre non si conosce praticamente nulla. In alcune tradizioni viene identificato con il dio gallese Mellt, divinità del fulmine, particolare che renderebbe Maponos il dio del fuoco e dell’acqua (rappresentata dalla madre).

Particolarmente interessante, a testimonianza di questa divinità nel pantheon celtico, è stato il ritrovamento a Vindolandia, forte romano in Brittania, di una placca argentata che presenta l’incisione “Deo Maponos”

Collegato al mito c’è la festività Alban Elfed (la luce dell’acqua) o meglio Equinozio d’Autunno, la terza solare legata all’abbondanza, a scandire il passare del tempo, il giorno e la notte si uguagliano per la seconda volta, e il periodo buio per l’uomo si avvicina. 
Viene festeggiato, così, il secondo raccolto apprestandosi ad accumulare le provviste per l’inverno. 
È il tempo di fare il bilancio consuntivo dei frutti seminati nel corso dell’anno, non necessariamente quelli vegetali, attraverso riti e preghiere di ringraziamento, meditando sul ritorno dell’oscurità. 
È una festa iniziatica e vede il vino, versato all’interno del corno dell’abbondanza, e la sua fermentazione come metafora di trasformazione. 



Ha inizio l’epoca dei misteri. 

Djablessa 21/09/2014






mercoledì 20 agosto 2014

Bimillenario della morte di un Imperatore

Un infarto della storia, è così che mi piace vedere Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, a definirlo in questo modo è stato il mio professore di storia delle politiche antiche ai tempi dell’università. 
Mai cosa è stata più vera. Egli fu un infarto, un terremoto, un qualcosa di inaspettato e mai più replicato. 

Ricorre quest’anno, o meglio ricorreva ieri, il bimillenario della sua morte. Anniversario che non può passare inosservato, alla fine fu la persona che rese grande Roma e che da solo riuscì ad ottenere dal Senato tutti i massimi poteri per la gestione di un impero.
Ma andiamo con ordine. 

Nato nel 63 a.C. fu adottato da Cesare, che aveva solo una figlia, e ne divenne il suo esecutore testamentario. Si ritrovò così a 32 anni con l’eredità morale di Cesare sulle spalle, e la sua fine ben impressa nella testa. 
A differenza del suo mentore, non si autoproclamò imperatore, ma si presentò in Senato deponendo tutti i poteri delegatigli come triumviro, sostenendo di aver concluso tutti i suoi scopi, come quello di sconfiggere Marco Aurelio nel 27 a.C. ad Azio. Questo gesto di umiltà gli permise di acquisire sempre più importanza.
 Rispetto ai suoi predecessori non aveva più forza, aveva semplicemente più autorictas, (deriva da augere aumentare e completare insieme, colui che perfeziona la volontà degli altri) tanto da valergli il titolo di Augusto.
Iniziò la sua carriera di uomo di stato su presupposti radicalmente diversi da quelli di Cesare, tra il 27 a.C. e il 14 a.C. ricevette tutti i poteri di un monarca, senza modificare la forma repubblicana del governo di Roma:
  • il potere dei consoli dei governi delle province, maggiore rispetto al passato e senza confini, comandava l’esercito dell’organizzazione statuale romana;
  • la tribunicia potestas, la stessa di Cesare, ossia il potere del tribuno di porre veto alla volontà della magistratura romana in contrasto con l’interesse della plebe
  • l’intercessio (porre veto alle decisione della magistratura)
  • lo ius agendi cum plebe (facoltà convocazione concili e comizi)
  • il pontificatus maximus (massima carica religiosa)
  • l’imperium proconsulare maius et infinitum
Divenne l’uomo più importante di Roma, ottenne queste facoltà senza una carica effettiva, li ottenne senza scadenza e, soprattutto, non aveva l’obbligato di relazionare sul suo operato. Era privo di responsabilità verso il senato, possedeva solo un potere irresponsabile. 
Si costruì, così, l’idea del principes di Roma, che ben presto divenne imperium, carica investita dal popolo e dal senato. 
Si instaurò così di diarchia, Theodor Mommsen descrisse come ci fosse stata una sorta di condivisione del potere tra Augusto e il Senato, anche se il peso del primo era nettamente più forte, ma non mancò mai nel chiedere il consenso al secondo per le sue scelte.

Le riforme adottate da Augusto toccavano diverse materie come la religione, l’ambito sociale, civile e processuale:
  • rinnovò il processo formale;
  • i giuristi con le doti migliori ebbero il riconoscimento di essere fonte del diritto, parlavano a nome dell’imperatore;
  • istituì una legge incentivante per la demografia, imponendo limiti di successione per persone sposate (assolute) e per persone senza figli (parziali) al fine di incrementare le nascite nella città romana;
  • istituì confraternite religiose, nuovi ordini, rivitalizzò il culto pagano;
  • creò un equilibrio con il senato accettando le loro idee, consigliandoli, senza mai andare in contrapposizione;
  • instaurò un governo provinciale di pacificazione per le province belliche;
Anfiteatro - Aosta
© Djablessa

In quegli anni non vi fu espansione di Roma, ma solo un suo radicamento nelle province attraverso una romanizzazione dei territori che vide la costruzioni di acquedotti per portare l’acqua, anfiteatri per gli spettacoli, costruzione di terme. Fu il primo modello di conquista culturale. 

Riuscì a riportare la pace nell’impero, Svetonio ricorda che «Il tempio di Giano Quirino che, dalla fondazione di Roma, non era stato chiuso che due volte prima di lui, sotto il suo principato fu chiuso tre volte, in uno spazio di tempo molto più breve, poiché la pace si trovò stabilita in terra e in mare»
(Svetonio, Vite dei Cesari, Divus Augustus 22)



Augusto regnò per oltre 40 anni (27 a.C. - 14 d.C.), il suo unico erede testamentario fu Tiberio, un figlio adottivo, poiché gli altri gli furono premorti.
L'ultimo giorno della sua vita chiese uno specchio, si fece sistemare i capelli e, chiamati i suoi amici, chiese loro se avesse ben recitato la commedia della vita, e aggiunse

«Se la commedia è stata di vostro gradimento, applaudite e tutti insieme manifestate la vostra gioia.» (Svetonio, Augustus, 99)

Morì quattordici giorni prima delle calende di settembre (19 agosto del 14 d.C.), alla nona ora del giorno, all'età di quasi settantasei anni.


Arco d'Augusto - Aosta
© Djablessa
Ancora oggi in giro per l’Europa, all’interno dei confini di quello che è stato uno dei più grandi imperi del mondo antico, si posso vedere le testimonianze della sua grandezza grazie ai monumenti che ci ha lasciato, che secondo al moda dell’epoca, altro non sono che il lascito, il ricordo delle grandi gesta di grandi uomini. 
Ecco perché a distanza di due millenni siamo qui ad onorare un uomo e lo sarà ancora nei prossimi millenni perché lui era AUGUSTO, degno di essere acclamato con crescente gloria.  

© Djablessa 20.08.2014










domenica 3 agosto 2014

PROVA

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza

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