venerdì 8 maggio 2015

Disobbedienza civile

«Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente, né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto» Dalai Lama

Credo che questa frase sintetizzi esattamente quello che sto vivendo negli ultimi anni e, soprattutto quello che vedo.
Viviamo oramai in una società che rappresenta quella di Essi vivono di Carpenter, tra l’altro visto per la prima volta ieri più obbligata che per interesse e alla fine mi ha presa. 
Come possiamo pretendere di avere in mano le nostre vite se le lasciamo governare da altri? che siano capi, colleghi, circostanze, genitori, amanti, amati non viviamo più per noi ma per altro. Addirittura arriviamo a sentirci in colpa se saltiamo una settimana di lavoro per malattia e ci trasciniamo dietro le nostre scrivanie o i nostri utensili praticamente in fin di vita per paura di fare brutta figura o di perdere il posto, il posto tanto agognato, soprattutto ora che questa crisi economica ci mette in ginocchio.
E noi cosa facciamo? Siamo vittime di questa crisi: ci lamentiamo, ci ammaliamo e talvolta ci togliamo la vita perché non vediamo altra via d’uscita. 
E così come reagiamo? Permettendo al “potente” (per dirla alla Jack Black in School of Rock) di manipolarci e di spolparci della cosa più importante che  abbiamo: la nostra vita. 
Mi ritorna in mente l’art. 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948) e che recita
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.” Ma noi questa forma l’abbiamo permessa eccome! Sì Sì siamo stipendiati a differenza degli schiavi, ma il valore è congruo al tempo che investiamo, alle energie, ai rischi che corriamo?
Cristo! Gente! Ci vediamo fuggire via la nostra vita, la nostra salute per cosa? Per quattro spiccioli che ci entrano in tasca e per riempire quelle altrui? Ma dico, ma stiamo scherzando?
Siamo in questa terra per un breve lasso di tempo e lasciamo che “quei pochi” non ce la facciano godere? Ma vi pare giusto?
“Dovremmo iniziare una bella rivoluzione” è il primo pensiero a tutto ciò, sì è vero dovremmo farla, ma chi la inizia? Io? Tu? Il compagno di merenda? La nuova stella nascente della politica italiana? Eh purtroppo non è nella rivoluzione la risposta, perché tanto ci sarà sempre il free rider che cambia carro all’ultimo o quei zerbini che vivono in funzione del “potente” e senza di esso non hanno senso. Così tutto andrebbe a sgretolarsi. 
No, la rivoluzione deve partire da noi, non saprei nemmeno bene come spiegare, ma dovremmo semplicemente iniziare a pretendere che i nostri diritti fondamentali vengano una volta per tutte riconosciuti: il diritto alla salute, il diritto alla famiglia, il diritto ad un lavoro, il diritto ad essere felici, o quanto meno sereni.
Ecco questa è una bella utopia.

Djablessa 30/04/2015

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